Allegoria (Pitagora) Allegoria (Euclide) Girolamo Bedoli Mazzola
Allegoria (Pitagora)
1545, olio su tela, cm 365x217

Allegoria (Euclide)
1545, olio su tela, cm 365x217

I due dipinti costituivano una stessa opera e posseggono caratteristiche simili: dimensioni, ornato delle nicchie, ricerche compositive e anatomiche. La leggenda vuole che Pitagora avesse intuito la corrispondenza tra intensità di suono e massa strumentale osservando gli arnesi e ascoltando i rumori dell'officina di un fabbro; da lì poi avrebbe creato la teoria numerica della musica. Per Euclide il riferimento è più diretto, in quanto inventore delle geometria piana estesa ai solidi e alla loro composizione in architettura. Il Bedoli, pittore della corte farnesiana e stimato interprete delle tendenze artistiche principali del tempo con sua persuasiva originalità, sceglie qui una figurazione a larghe masse anatomiche di grande effetto, luminose e possenti, proporzionate ai grandi spazi e per essere percepite da lontano. C'è una ricerca plastica e dinamica che certo si appella ai modelli michelangioleschi, da lui compensati però con le raffinatezze dei volti e delle decorazioni delle nicchie, proprie del valente ritrattista di Margherita e di Alessandro Farnese, ereditate dalle straordinarie realizzazioni del Parmigianino, con cui si era a lungo formato. È da notare anche la scelta compositiva del contrappunto dei movimenti e dei corpi: verso l'esterno della nicchia e frontale "Pitagora", verso l'interno della nicchia e di dorso "Euclide".

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